Teatro. Se il cuore trema, possiamo sapere perché





Voi sapete che io ho la nomina di un orso, ho un carattere spinoso, che sfuggo, sono sfuggente. Non è vero. Se io non fossi stato sfuggente, se non fossi stato un orso, se non fossi stato uno che si mette da parte, non avrei potuto scrivere 55 commedie.
Voglio vedere anch’io il teatro dalla platea, voglio anch’io vedere il teatro che cammina, voglio vedere anch’io il teatro che non si arrende, che va avanti, con i giovani, con gli anziani, con i vecchi come me.
Va avanti.

Fare teatro sul serio significa sacrificare una vita. Sono cresciuti i figli e non me ne sono accorto.
Meno male che mio figlio è cresciuto bene. Questo è il dono più grosso, più importante che ho avuto dalla Natura. Senza mio figlio forse me ne sarei andato all’altro mondo tanti anni fa. E io debbo a lui il resto della mia vita. Lui ha contraccambiato in pieno.
Si è presentato da sé, è venuto dalla gavetta, dal niente. Sotto il gelo delle mie abitudini teatrali. Quando sono in palcoscenico a provare, quando ero in palcoscenico a recitare.

E’ stata tutta una vita di sacrifici.

E di gelo.
Così si fa il teatro.
Così ho fatto.
Ma il cuore ha tremato sempre. Tutte le sere. Tutte le prime rappresentazioni.
E l’ho pagato.
Anche stasera mi batte il cuore. E continuerà a battere.
Anche quando si sarà fermato.

[Eduardo a Taormina, 15 settembre 1984]


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