Le nostre orecchie sapranno sognare uccelli elettrici? Avian Electronics di Ville Aalto

 


di Luigi Furno, 09 febbraio 2021


Gli uccelli elettrici cantano nel parco, i toni della natura sintetica e i segnali elettronici si mescolano. La linea di demarcazione tra reale e artificiale è sfocata, è imprecisa. Accelerare lo sviluppo tecnologico influisce su tutto: quanto stiamo cambiando definitivamente il nostro ambiente di vita, come suonerà la natura che ci circonda in futuro? 

Saremo circondati da un canto di uccelli prodotto elettronicamente, cavallette digitali, una gorgoglio di un ruscello prodotto da un generatore casuale e un vento generato dal rumore inviluppato di un filtro? Avremo orecchie bioniche capaci di analizzare un range di frequenza illimitato? 

Intanto, l'impulso costante delle macchine oscilla sullo sfondo sonoro delle nostre vite mescolando suoni sintetici della natura e segnali elettronici. Il confine tra genuino e artificiale è traballante e sfocato. Lo è sempre stato, certamente, ma ora la somma delle quantità ci costringe ad un balzo qualitativo che ha l'effetto del precipitare in un abisso di senso. 

Sembra evidente che, nel campo della Creazione, la Vita non si riproduca dal dramma alla farsa, come pensava un certo tipo di materialismo storico, ma che, la sua essenza, sia quella di essere imitazione e che l'imitazione non è con/naturata ma è una tecnica di alterazione. 



Nella seconda metà del Novecento la musica è stata profondamente influenzata dal nuovo corso delle scienze e delle tecniche. Non c'è stato artista che non si sia dovuto porre il problema del rapporto tra musica e tecnica, tra prassi compositiva e strumenti disponibili. 

Telharmonium, Choralcelo, Singing arc, Thereminvox, tutti strumenti risuonatori di rotori elettromagnetici inventati tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento, erano dispositivi tecnici a cui i loro inventori avevano dato il compito di imitare artificialmente la materia acustica della natura. Venivano prettamente usati come si usava un tornio: minor tempo per fare cose che già si facevano.

Certamente molti compositori, e tra questi John Cage, hanno spinto verso l'utilizzo “astratto” di queste apparecchiature, attratti, com'erano, dalle forti possibilità di manipolazione che tali macchine permettevano sugli elementi fondamentali della materia sonora. Un utilizzo non legato all'imitazione timbrica ma ricerca di novità sonore. Usare un Theremin per imitare timbricamente un violino e suonare un repertorio classico era per Cage non solo una perdita di tempo che non valeva lo sforzo ma, soprattutto, era stupido. 

La proposta di Cage era quella di aprire la musica a ciò che non era considerato convenzionalmente musica (il rumore e il silenzio), mandando in frantumi ogni barriera tra musica e realtà esterna ad essa, tra suono tradizionalmente inteso ed evento sonoro. L'enfasi, è evidente, come quasi tutto il radicalismo avanguardistico, non sta nell'idea di adesione imitativa alla Vita ma nel generare suoni come elemento vitalistico. Il suono per Cage, di qualsiasi essenza o forma, è Vita. La ricerca del compositore americano, nonostante l'indubbia peculiarità, si inscrive all'interno di un contesto internazionale in cui compositori sia europei che statunitensi manifestavano l'intenzione di avvicinarsi e indagare la materia sonora nel suo complesso e nelle sue determinazioni. 

È paradossale ma, nell'immaginario collettivo, la visione di Cage di musica generata è passata come la sola chiave di lettura dell'intero panorama della così detta “musica elettronica”. La sua fruizione è rimasta al pallo, ma la considerazione di "musica impossibile" ha stravinto, relegandola ad una marginalità emergente solo in qualche aspetto "trippato" della cultura post rave. 

Quando pensiamo ai pionieri della musica elettronica”, afferma Simon Reynolds in Futuromania, “tendiamo a ricordare un certo tipo di figura eroica d’avanguardia. Compositori che inviavano sonde nelle profondità dell’ignoto, esploratori che visitavano spaesanti zone di suoni alieni, senza offrire all’ascoltatore punti di riferimento in termini di emozioni riconoscibilmente umane. I rumori prodotti dai pionieri della sintesi sonora e del tape editing – Karlheinz Stockhausen, Herbert Eimert, Iannis Xenakis e Jean-Claude Risset fra gli altri – sembravano alludere alle «emozioni» ipoteticamente provate da asteroidi e stelle nane, o dai neutrini e altre particelle subatomiche: fredde, remote, impenetrabili al cuore umano. I titoli di questi primi esperimenti elettronici astratti non di rado evocano lontane regioni del cosmo, fenomeni astrofisici o minacciosi spazi vuoti: «Earth’s Magnetic Field» di Charles Dodge, «Spacecraft» dei Musica Elettronica Viva, «Espaces inhabitables» di François Bayle”. 

Negli anni Cinquanta e Sessanta, però, c’era chi proponeva una visione del futuro elettronico di natura diversa: un futuro dimenticato. Sono esistiti compositori che si sono dedicati alle possibilità offerte dalle nuove macchine e tecniche di produzione sonora, ma senza disdegnare la sfera “armonica” delle sensazioni umane, e pertanto facevano musica la cui tavolozza emotiva comprendeva l’ironia, lo struggimento romantico, la nostalgia malinconica, l’indifferenza e la frivolezza. Ricorrevano alle tecniche elettroniche e alla manipolazione dei nastri in contesti funzionali come la musica da ballo o da relax, la musica di sottofondo per film e cartoni animati e i jingle commerciali. 

A questo regno dimenticato appartengono varie figure del secondo dopoguerra: Joe Meek, Ron Geesin, Raymond Scott, Kid Baltan & Tom Dissevelt, i numerosi tecnici e compositori del BBC Radiophonic Workshop. Uno dei più celebri fra questi sperimentalisti affabili è il compositore/musicista Jean-Jacques Perrey. Tutta musica, però, che ben pochi attribuisco l'etichetta di "elettronica.

Perrey era compatriota di Pierre Schaeffer, superbo pioniere e austero sacerdote della musica concreta, e tra i due c'era stato anche un breve contatto. Perrey era entusiasta della possibilità di utilizzare il tape editing nel contesto della musica popolare, ma Schaeffer disapprovava sdegnosamente l’idea. 



Alla fine degli anni Quaranta, Perrey ascoltò alla radio dei suoni che lo folgorarono: era una dimostrazione di un nuovo strumento chiamato Ondioline da parte del suo inventore Georges Jenny. Ingegnere elettrotecnico, Jenny era un ammiratore delle Onde Martenot, una precedente tastiera con i tasti sensibili al tocco. Intuendo la possibilità di realizzare uno strumento molto più flessibile in termini espressivi e timbrici, Jenny creò l’Ondioline, studiando attentamente le caratteristiche armoniche degli strumenti dell’orchestra per ideare dei circuiti in grado di avvicinarsi a una simile varietà di suoni. Come racconta Countryman nella biografia di Perrey, Jenny iniziò a lavorarci durante la convalescenza dalla tubercolosi, utilizzando un laboratorio da lui allestito nell’obitorio dell’ospedale di Saint-Hilaire nel 1939. 

Dopo l’illuminazione radiofonica, Perrey si mise in contatto con l’inventore e lo convinse a dargli uno dei suoi strumenti in cambio della promessa di scoprirne tutte le potenzialità sconosciute. Fu così che sviluppò il suo "vibrato magistrale" oltre all’inimitabile metodo di suonare la tastiera con una mano manipolando i filtri dell’Ondioline con l’altra per cambiare fluidamente tonalità e timbro durante le performance. 

Con l’aiuto di Charles Trenet, Perrey costruì uno spettacolo intitolato Around the World in 80 Ways, una sorta di cabaret esotico con imitazioni di strumenti di ogni tipo, dal violino zigano ungherese alla cornamusa e alla cetra tirolese, quasi un equivalente sonoro dell’attrazione It’s a Small World di Disneyland, con la sua parata di stereotipi nazionali e cliché da brochure turistica. 

Ritorniamo, così, al punto di partenza: l'imitazione. 

Eppure, non possiamo sempre capitolare davanti alla dicotomia che risolve la realtà mutevole del suono manipolato elettronicamente tra l'intellettualismo astratto di uno Stockhausen e il divertissement di un Perrey. 

Ci deve essere un modo per superare il gioco “circense” del francese e per instradare la ricerca sonora imitativa sul percorso della scuola di Darmstadt. 

Ci ha provato il giovane artista sonoro finlandese Ville Aalto. Originario di Helsinki, Aalto lavora da alcuni anni a un progetto chiamato Avian Electronics. L'obiettivo principale del progetto è la creazione e l'imitazione del canto degli uccelli con synth e include installazioni sonore surround, opere di sound art e musica elettronica con uccelli sintetizzati e altri suoni naturali. 

Aalto ha recentemente pubblicato il primo album relativo a questo progetto, intitolato appunto Avian Electronics. L'idea compositiva dell'album è principalmente quella di mescolare suoni elettronici, ritmici e bordoni con elementi acustici “ronzanti” che sono una sorta di interpretazione elettronica e concreta dei paesaggi sonori naturali. Il progetto è una lettera d'amore concettuale ai suoni degli uccelli e della natura. 

“Il processo artistico” afferma l'artista, “è stato piuttosto lungo per la realizzazione dell'album. L'idea di sintetizzare i canti degli uccelli ha preso avvio dopo alcuni lavori teatrali dove gli uccelli elettronici facevano parte del paesaggio sonoro "naturale" dello spettacolo. Poi ho pensato di fare un album di musica ripetitiva alternata a tracce più soundscape dirigendomi in molte direzioni sbagliate prima di poter trovare il modo di incorporare gli uccelli nelle tracce più ritmiche. 

Suppongo che l'esplorazione in generale sia stata più concettuale che tecnica – volevo far mescolare i fasci sintetici e i rumori della musica con gli uccelli e gli insetti artificiali in un modo che mi permettesse, in qualche modo, di confondere l'uno per l'altro di tanto in tanto. Il rapporto tra natura e tecnologia è stato il tema principale alla base di Avian Electronics e la musica dell'album è lì per fornire una sorta di interpretazione di quella relazione. 

Sono stato principalmente ispirato dal cinguettare degli uccelli che si può udire in Finlandia in primavera, quelli che “cantano” canzoni melodiche - chaffinches comuni, merli comuni, warbler di salice... Il verso di un merlo è uno dei suoni più belli ed emotivamente significativi al mondo per me (e anche abbastanza difficile da ricreare con un sintetizzatore in modo convincente, motivo per cui non appare nell'album). Ma ci sono anche suoni meno melodici che gli uccelli fanno che sono molto stimolanti - ad esempio. il cuculo comune, i picchi e il bellbird bianco assolutamente sbalorditivo (che non vive in Finlandia, quindi non l'ho mai sentito dal vivo). Al momento mi sto concentrando maggiormente su altri suoni naturali: acqua, grilli, vento, ronzio ambientale, cose del genere”. 



Il lavoro di Aalto ha lo scopo di sollevare domande sul rapporto tra noi, la natura e la tecnologia, nonché sull'ambiente mutevole (udibile) in cui viviamo e influenziamo continuamente. 

L'artista afferma che la natura come entità stabile e separata non esiste. La natura come categoria permanente e naturale è un'illusione euristica. Tendiamo a dare per scontato le cose che vengono create dai metodi di coltivazione delle generazioni passate: prati, brughiere, piccoli boschetti. 

L'innaturalità della nostra generazione sta diventando anch'essa natura, un paesaggio tradizionale, un luogo di protezione. Le nostre orecchie sono naturalmente e definitivamente predisposte all'ascolto di un uccello elettrico. 

Il mondo sta cambiando rapidamente e lo sviluppo tecnologico sta influenzando tutto: come stiamo cambiando in ultima analisi il nostro ambiente di vita, come suonerà la natura che ci circonda in futuro? 

Avian Electronics ci parla di questo, non dà una risposta ma è un discorso sul contesto sonoro contemporaneo. Si basa vagamente su questa idea di passare attraverso diversi paesaggi, campi con diversi ambienti udibili. Magari, viaggiando su un treno o in un sogno, scopriremo che il suono del treno è il sogno e il sogno del treno è il suono.

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