Referendum, oligarchìa, sindaco Maluna e Fondazione Poggibonsi po po po nell'etere



di Luigi Furno

L’oligarchìa [s. f. [dal gr. ὀλιγαρχία, comp. di ὀλίγοι «pochi» e -αρχία «-archia»] è da qualche giorno il centro di un dibattito feroce alla base della riforma costituzionale promossa dal governo Renzi. L’oligarchìa, lo suggerisce la parola stessa, è una forma di regime politico in cui il potere è nelle mani di pochi, eminenti per forza economica e sociale. Non è strano, e forse neanche sbagliato, confonderla col potere aristocratico. 

Nel pensiero politico occidentale, da non confondere con la cialtroneria dei tempi attuali, si è da sempre fatto uso di una tripartizione tassonomica per distinguere le forme di governo, una tripartizione legata semplicemente al numero di chi governa: l’uno, i pochi, i molti o i più. Per Aristotele, questa tripartizione distingue tra la monarchia, governo di uno, la politeia, governo dei molti, e l’aristocrazia, governo degli aristoi, i “migliori”.

Aristotele però, nel suo furore schematistico, anticipa questa tripartizione delle forme di governo da un giudizio di valore sulla “forma” stessa. Per Aristotele esisterebbero forme di governo buone e forme di governo degenerate. Le buone sarebbero quelle elencate prima, mentre il governo degenerato di uno è la tirannia; la politeia, che è il modello di partecipazione dei cittadini (ovvero i maschi, liberi, pleno iure) alla sfera pubblica, se è degenerata si chiama democrazia ovvero governo dei poveri; e l’aristocrazia, ovvero il governo dei pochi, quando si corrompe si chiama oligarchia.

Tutta questa esaltazione tassonomica si aggancia alla più moderna, in termini anagrafici, teorizzazione della “legge ferrea dell’oligarchìa” del politologo Roberto Michels. Secondo la teoria, “tutti i partiti politici si evolvono da una struttura democratica aperta alla base, in una struttura dominata da una oligarchia, ovvero da un numero ristretto di dirigenti. Questo deriva dalla necessità di specializzazione, la quale fa sì che un partito si strutturi in modo burocratico, creando dei capi sempre più svincolati dal controllo dei militanti di base. Con il tempo, chi occupa cariche dirigenti si "imborghesisce", allontanandosi dalla base e diventando un'élite compatta dotata di spirito di corpo. Nello stesso tempo, il partito tende a moderare i propri obiettivi: l'obiettivo fondamentale diventa la sopravvivenza dell'organizzazione, e non la realizzazione del suo programma”.

Simone Weil, in largo anticipo sul grillismo e fortemente più dotata del Casaleggio dei noialtri, riconosce questo cul-de-sac in cui si inceppa il funzionamento del sistema “partito” e nel suo “Manifesto per la soppressione dei partiti politici” afferma: «quasi ovunque l'operazione di prendere partito, di prendere posizione pro o contro, si è sostituita all'operazione del pensiero. Si tratta d'una lebbra che ha avuto origine negli ambienti politici, e si è espansa, attraverso tutto il Paese, alla quasi totalità del pensiero. Non è certo che sia possibile rimediare a questa lebbra, che ci sta uccidendo, senza cominciare dalla soppressione dei partiti politici».



Questa lebbra del essere unicamente pro o contro di cui parla la Weil sta fagocitando completamente il discorso nella campagna referendaria sulla riforma costituzionale, si è esaurita la minima forma di pensiero.

Questa lebbra del pro e contro, inoltre, è stata smaccatamente dimostrata delle post-analisi del tristemente famoso match televisivo tra Renzi e Zagrebelsky. 

Nel dibattito, ritornando così all’oligarchìa, l'accusa principale più volte ripetuta da Zagrebelsky a Renzi è l'oligarchìa verso la quale tende la politica renziana. L'oligarchia sarebbe l'anticipazione dell'autoritarismo e l'opposto della democrazia rappresentata dal Parlamento che a sua volta rappresenta tutti i cittadini elettori.

A questa affermazione da tifoso del contro risponde da tifo del pro Eugenio Scalfari secondo cui Renzi avrebbe apparecchiato una riforma della Costituzione in direzione oligarchica, poiché l’oligarchia sarebbe “la sola forma di democrazia”, se si fa eccezione per l’“orrenda” democrazia diretta. Ma il tifoso, si sa, non è solo un passionario ma anche un terminale malato di tifo (febbre tifoide). Da un lato si allarma su una cosa che potrebbe accadere dall’altra si fa notare che da sempre sia accaduta. Qual è la verità? Nessuna delle due.

L’oligarchìa attira a sé, come il suono delle sirene Ulisse, la democrazia. La democrazia, intesa come il governo della maggioranza democraticamente eletta, flirta con l’oligarchìa come una prostituta nobilitata. La legge, in un sistema veramente democratico, non può difenderci dai tentacoli dell’oligarchìa perché altrimenti dovrebbe azzoppare il diritto di chi ha vinto le elezioni a governare. Il rischio sarebbe che, per difenderci dall’oligarchìa, storpiamo la democrazia. 

La questione è sempre stata presente, non c’è niente di nuovo o di così pericoloso nella riforma costituzionale su cui ci dobbiamo esprimere il 4 dicembre.

Faccio un esempio di cronaca degli ultimi giorni. Nel paese toscano di Poggibonsi po po po il sindaco Furioso Maluna, da poco eletto, ha intenzione di organizzare una manifestazione “culturale” in occasione delle prossime festività pasquali. Maluna ha pensato, per distinguersi dalle offerte culturali dei paesi limitrofi e per attirare turismo, di preparare una Via Crucis Trasparente in cui tutti gli oggetti, dai vestiti alla croce di Cristo, siano fatti in plexiglass trasparente. Come tutti sanno a Poggibonsi po po po esiste la Sandraplastic srl., una delle più grandi aziende della produzione di plexiglass del centro Italia. Ma come può sfuggire il sindaco Maluna della burocrazia che prevede una gara d’appalto per l’assegnazione dei lavori pubblici e nominare direttamente la Sandraplastic srl. come impresa esecutrice della sua Via Crucis Trasparente? La legge, che sancisce il diritto di tutti di lavorare con soldi pubblici, limita molto le intenzioni di Maluna. Già la vecchia amministrazione aveva provato ad organizzare un evento pasquale con una chiamata diretta di un’azienda vicina politicamente ma con uno strascico legale che ancora si fa sentire. Ma Furioso Maluna, vecchio politico scaltro, ha un’idea. Qual è? Costruire un sistema oligarchico di potere accentrato sulla sua persona.

A Poggibonsi po po po da anni esiste una Fondazione denominata “Poggibonsi po po po nell’etere”. La Fondazione Poggibonsi po po po nell’etere da quando è stata fondata, nel lontato 2001, è stato un organismo totalmente spento. Il sindaco Maluna gli ha ridato vita nominando un nuovo Cda e prendendone la presidenza. Solitamente un Cda di nomina politica, accade addirittura per la Rai, viene scelto in rappresentanza della compagine politica che lo ha nominato. Un numero di membri maggiore alla maggioranza e uno minore alla minoranza. Ma la legge non obbliga questo, la pratica si affida solo al buon senso. Maluna lo sa. Da oligarca qual è ha nominato tutti uomini che gli sono fedeli, disposti a dire sì sempre e per diverse ragioni. 

È di qualche giorno fa la notizia che il comune di Poggibonsi po po po ha fatto una offerta, stabilendo un trasferimento della somma di 85.000 euro prelevata dal capitolo di spesa utilizzato anche negli anni passati per le manifestazioni pasquali, alla Fondazione Poggibonsi po po po nell’etere con lo scopo di organizzare eventi pasquali. 

La Fondazione Poggibonsi po po po, che non ha vincoli di legge sulla nomina diretta, potrà organizzare la sua Via Crucis Trasparente usufruendo dei servizi della Sandraplastic srl.

Il sindaco Maluna ha vinto e con lui anche l’oligarchìa e senza riforma costituzionale.




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