Gli originali, i particolari... oltre il padre




Melville dice che non bisogna confondere i veri Originali con i personaggi semplicemente notevoli o singolari, particolari. I personaggi particolari, infatti, che possono essere molto numerosi in un romanzo, hanno caratteristiche che determinano la loro forma, proprietà che compongono la loro immagine; essi sono influenzati dal loro ambiente, e gli uni dagli altri, tanto che le loro azioni e reazioni obbediscono a leggi generali, salvaguardando ogni volta un valore particolare. Altrettanto proprie gli sono le frasi che pronunciano; ma ciò non significa che esse non obbediscano alle leggi generali della lingua. Di originali al contrario, non si sa neppure se ce ne siano in assoluto, a parte il Dio primordiale, ed è già molto quando se ne incontra uno. Non si vede, dichiara Melville, come un romanzo possa implicarne diversi. Ogni originale è una potente Figura solitaria che travalica ogni forma spiegabile: scaglia tratti d’espressione fiammeggianti che manifestano la caparbietà di un pensiero senza immagine, di una domanda senza risposta, di una logica estrema e senza razionalità. Non hanno nulla di generale, e non sono particolari; sfuggono la conoscenza, sfidano la psicologia. Anche le parole che pronunciano travalicano le leggi generali della lingua (“i presupposti”), tanto quanto le semplici particolarità del discorso, perché sono come le vestigia o le proiezioni di una lingua originale, unica, prima, e portano il linguaggio intero al limite del silenzio e della musica. Bartleby non ha nulla di particolare e nulla di generale, è un Originale. 


Gli originali sono esseri della Natura prima, ma non sono separabili dal mondo o dalla natura seconda e vi esercitano il loro effetto: ne rivelano il vuoto, l’imperfezione delle leggi, la mediocrità delle creature particolari, il mondo come mascherata (ciò che Musil a sua volta chiamerà “azione parallela”). Il ruolo dei profeti, appunto, loro che non sono degli originali, è di essere i soli a riconoscerne la scia nel mondo e lo scompiglio indicibile che vi introducono. L’originale, dice Melville, non subisce l’influenza dell’ambiente, ma al contrario, getta su ciò che lo circonda una livida luce bianca simile a quella che “accompagna nella Genesi il cominciamento delle cose”. Di questa luce, gli originali sono a volte la sorgente immobile, come il gabbiere in cima all’albero, Billy Budd impiccato ben legato, che “sale” al chiarore dell’alba, Bartleby in piedi nell’ufficio dell’avvocato, e altre volte il tragitto fulmineo, il movimento troppo rapido perché l’occhio normale possa seguirlo, la folgore di Achab o di Claggart. Sono le due grandi Figure originali che si ritrovano ovunque in Melville, Panoramica e Carrellata, processo stazionario e velocità infinita. E sebbene questi siano i due elementi del ritmo - e che delle pause ritmino il movimento, e dei lampi scaturiscano dall’immobile -, non è forse la contraddizione a separare gli originali, i loro due tipi? Cosa vuole dire Jean-Luc Godard quando, in nome del cinema, afferma che tra una carrellata e una panoramica c’è un “problema morale”? A quanto pare è questa differenza a far sì che un grande romanzo non possa implicare che un solo originale. I romanzi mediocri non hanno mai potuto creare il minimo personaggio originale, ma come potrebbe, il più grande romanzo, crearne più di uno alla volta? Achab o Bartleby... È come per le grandi Figure del pittore Bacon che confessa di non avere ancora trovato il modo di riunirne due in uno stesso quadro16. E tuttavia Melville lo troverà. Se rompe il silenzio per scrivere alla fine Billy Budd, è perché questo ultimo romanzo, sotto l’occhio penetrante del capitano Vere, riunisce i due originali, il demoniaco e il pietrificato: il problema non era quello di collegarli con un intrigo, cosa facile e senza conseguenze per cui bastava che uno fosse la vittima dell’altro, ma di farli stare insieme nel quadro (se in Benito Cereno vi si era già cimentato, era stato in una maniera imperfetta, sotto lo sguardo miope e confuso di Delano). 

Qual è dunque il problema supremo che ossessiona l’opera di Melville? Probabilmente riconciliare i due originali, ma per questo anche riconciliare l'originale con l’umanità seconda, l’inumano con l’umano. Che non vi siano dei buoni padri è provato del resto dal capitano Vere e dall’avvocato. Vi sono solo padri mostruosi e insaziabili, e figli senza padre, pietrificati. L’umanità può esser salvata e gli originali riconciliati solo nella dissoluzione, nel disfacimento della funzione paterna. Perciò è un grande momento quando Achab, invocando i fuochi di Sant’Elmo, scopre che anche il padre è un figlio perduto, un orfano, mentre il figlio, figlio di nessuno o di tutti, un fratello17. Come dirà Joyce, la paternità non esiste, è un vuoto, un nulla, o piuttosto, una zona di incertezza abitata dai fratelli, dal fratello e dalla sorella. È necessario far cadere la maschera del padre caritatevole affinché la Natura prima si riappacifichi e Achab e Bartleby, Claggart e Billy Budd si riconoscano, liberando nella violenza degli uni e nello stupore degli altri il frutto di cui erano gravidi, il rapporto fraterno puro e semplice. Melville non cesserà di sviluppare l’opposizione radicale tra la fraternità e la carità cristiana o la filantropia paterna. Liberare l’uomo della funzione paterna, dare origine all’uomo nuovo o l’uomo senza particolarità, riunificare l’originale e l’umanità costituendo una società dei fratelli come nuova universalità. Questo vuol dire che nella società dei fratelli l’alleanza sostituisce la filiazione e il patto di sangue la consanguineità. L’uomo è effettivamente fratello di sangue dell’uomo e, la donna, sua sorella di sangue: per Melville è la comunità dei celibi a trascinare i suoi membri in un divenire illimitato. Un fratello, una sorella ancor più veri per il fatto di non essere più il proprio, la propria, essendo sparita ogni “proprietà”. Passione bruciante più profonda dell’amore, poiché senza più sostanza né qualità, traccia una zona di indi-scernibilità nella quale percorre tutte le intensità in tutti i sensi, si estende fino al rapporto omosessuale tra fratelli e passa attraverso il rapporto incestuoso tra fratello e sorella. È un rapporto misteriosissimo quello che afferra Pierre e Isabelle, quello che travolge Heathcliff e Chatherine in Cime tempestose, uno dopo l’altro, Achab e Moby Dick: “Non so di che cosa siano fatte le nostre anime, ma la mia e la sua sono identiche; ...il mio amore per Heathcliff è simile alle rocce eterne ai piedi degli alberi; fonti di poca gioia visibile, ma necessarie... Io sono Heathcliff - lui è sempre, sempre nella mia mente, non come un piacere, così come io non sono sempre un piacere per me, ma come il mio stesso essere...”



Estratto da "BARTLEBY. LA FORMULA DELLA CREAZIONE" di Gilles Deleuze Giorgio Agamben

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