Il “si dice…” è un lestofante

Zygmunt Bauman: il coraggio nel contemporaneo


di Luigi Furno

In occasione della morte, per esorcizzarla, del autorevole sociologo polacco ripropongo un mio vecchio articolo sui temi affrontati durante un suo intervento al Secondo Festival Filosofico del Sannio.


“Il coraggio è qualcosa di cui tutti abbiamo bisogno, come l'acqua e il pane, ma non si può comprare al supermercato, bisogna trovarlo dentro di sé”. Con queste parole Zygmunt Bauman, sociologo e filosofo di fama mondiale, ha aperto il suo intervento nel corso del Secondo Festival Filosofico del Sannio, organizzato dall'associazione “Stregati da Sophia”.

In tutto il mondo il vivere nella società sta subendo un mutamento radicale che mostra uno spazio in cui le persone scelgono nuove e inattese forme del sociale e del politico. In questo il “rischio” e il giusto coraggio per affrontarlo stanno subendo una metamorfosi profonda e qualitativamente avanzata. I dibattiti sociologici degli anni 90 in poi, hanno cercato di afferrare e concettualizzare questa riconfigurazione. Alcuni autori, indipendentemente dal fatto che adottino quale principale termine operativo quello di "postmodernità", di "tarda modernità", di "era globale", di "modernizzazione riflessiva" o di “modernità liquida”, stanno ponendo grande enfasi sul carattere probabilistico di apertura del progetto umano tra le nuove possibilità, complessità e incertezze. Altri pensatori, invece, stanno dando priorità alla ricerca sulle nuove forme di identità e di socialità sperimentale, sul rapporto tra individualizzazione e cultura politica, sulla "costellazione post-nazionale" o sui presupposti della "democrazia cosmopolitica". Infine, altri ancora, hanno prodotto tutta una serie di libri sulla "politica della natura". Tutti, però, nei differenti approcci, concordano sul fatto che nei decenni a venire ci troveremo di fronte a profonde contraddizioni e ad ingarbugliati paradossi, e proveremo speranze avvolte da disperazione.


Prima della catastrofe atomica di Chernobyl, il rischio nelle società occidentali era sottovalutato e marginalizzato ad esperienza prettamente isolate. Mentre nella società industriale dominava la logica della ricchezza perseguita per liberarsi dalla povertà, la logica del “rischio” domina la Riskogesellschaft - vale a dire “la società del rischio”, termine coniato in riferimento all'aumento dei rischi “globali” - dove in nome del progresso vengono compiute scelte con conseguenze imprevedibili. Il rischio ascritto alla modernità, presente in modo personale, percepibile ai sensi nelle società primitive, in seguito al processo d’industrializzazione è divenuto non tangibile e colpisce non volutamente la sfera sociale planetaria.

“In ognuno di noi - ha spiegato Bauman – sono presenti sia la paura che il coraggio in porzioni uguali. Sono due caratteristiche che fanno parte del genere umano dalla sua nascita sulla terra e che lo hanno accompagnato durante tutto il processo di evoluzione”.

Il rischio è una condizione di non-più-ma-non-ancora, non più fiducia-sicurezza ma non ancora distruzione-disastro. E’ quella situazione “di mezzo” di cui non sappiamo con certezza come andrà a finire.

“Sicuramente – ha continuato Bauman - la sensazione di timore non è piacevole, ma provandola riusciamo a tirare fuori il coraggio che è in noi. Una delle prime medicine contro la paura – ha commentato il filosofo – è il conformismo. Riusciamo a nascondere quello che ci terrorizza omologandoci alla massa”. La rete, però, rappresenta un mondo ovattato, un luogo sicuro e protetto nel quale rifugiarsi, ma questo crea un limite nei giovani: quello di non saper più affrontare le difficoltà della vita reale.

Bauman, legandosi al tema della manifestazione, il “coraggio”, e partendo da costatazioni psico-antropologiche legate al “rischio” del vivere attuale, prova a dare una lettura della contemporaneità intesa come scissione complementare della socialità. Da una parte, la vecchia modalità di convivenza comunitaria – vita offline – dall’altra, una nuova metodica figlia dei nuovi social network elettronici – vita online. La capacità che ha la navigazione su internet e, nello specifico, la vita sui social è molto affine alla pratica magica. La manipolabilità identitaria, la causalità intenzionale degli atti comunicativi, ne fanno un meccanismo perfetto per l’applicazione della pura volontà.

Questa somiglianza negli intenti tra atto magico e mondo virtuale, che ovviamente va preso come sforzo interpretativo del fenomeno, ha superato la concettualizzazione dei solo addetti ai lavori. Anche nel mondo degli affari si sono accorti di questa vicinanza negli intenti. Uno dei siti di vendita on-line più diffuso nel mondo si chiama Alibaba. È evidente il riferimento ad Alì Babà, personaggio protagonista della fiaba “Alì Babà e i quaranta ladroni” contenuta ne “Le mille e una notte” dove la magia fa da motore di molte storie in esso presenti.

Secondo il sociologo, la nostra esistenza sta conoscendo, con la rivoluzione digitale, gli effetti di una divisione, quella tra online e offline, che ci impone di vivere allo stesso tempo in due differenti dimensioni. Per esemplificare questa dicotomia tra guadagno e perdita dovuta al progresso, basta guardare l'incredibile successo di Facebook: il social network ha intercettato la nostra paura di non essere visti ed essere soli e ha fondato il suo successo sull'allontanamento di questa paura: "il fondamento delle relazioni online è la soddisfazione", ha specificato Bauman, "e le relazioni diventano estremamente fragili". "Il problema con Facebook e gli altri social network è che promettono esattamente quello che il progresso promette: rendere la nostra vita più semplice".

Per Zygmunt Bauman, Internet ci fa vivere "senza rischi", consentendoci di relazionarci solo con persone che la pensano come noi e condividono il nostro punto di vista: "le persone diventano così nostri specchi", ha spiegato Bauman; in caso contrario, "clicchiamo il tasto 'delete' e passiamo a un altro sito". Ma come uscire da questa condizione? Per l'autore della "vita liquida" una risposta è piuttosto ovvia: "parlando gli uni con gli altri e dimostrando interesse nel dialogo" per mantenere vivo l'interesse nei confronti di chi la pensa in modo diverso, evitando opinioni preconcette. Qui Bauman cita l’Heidegger del discorso sull’inautenticità. Per Heidegger, infatti, vi è un modo d’essere proprio dell’uomo, in termini heideggeriani Dasein (Esserci), dovuto al suo vivere in un contesto sociale insieme agli altri e nel quale egli si trova per lo più: vale a dire la dimensione del “Si”.

Il Si rappresenta il conformismo e la sua riproduzione ad ogni livello. Quando si trova in questa dimensione, l’uomo si nasconde dietro agli altri ed agisce secondo la logica del “si dice”, “si fa”..etch. Il Si ha infatti la funzione primaria di sgravare l’essere da responsabilità e scelte, in pratica asseconda la tendenza, sempre presente e più o meno evidente, a prendere le situazioni alla leggera in modo tale da evitare il più possibile problemi indesiderati.


La seconda soluzione è "essere aperti", dando inizio a un dialogo tenendo viva la possibilità che le nostre opinioni possano essere sbagliate. La terza possibilità è la cooperazione: "il dialogo non deve servire a far prevalere il nostro ego", ha spiegato Bauman, "perché nel dialogo con il diverso non devono esserci né vincitori, né vinti". Queste "arti" sono messe a repentaglio da Internet, nella visione di Bauman. Allo stato delle cose, riscoprire queste capacità di dialogo nei confronti del diverso è una questione "di vita o di morte" per il nostro futuro perché, ha chiosato Bauman, "Il futuro non esiste, il futuro va creato".

La Rete, però, nella visione di Bauman porta con sé anche vantaggi, come la disponibilità quasi infinita di conoscenza: "con un click, Google ci presenta due milioni di risposte, un numero che non potremmo consultare nemmeno in tutta la nostra vita". Anche questo aspetto, però, ha un prezzo: l'impazienza e la perdita della capacità di conservare conoscenza "dentro di noi". Sono i server a conservare il nostro sapere, noi possiamo solo consultarlo e questo "avrà un effetto negativo sulla nostra creatività".

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