Il dolore paziente


Quanto più il mondo è inconsistente, tanto più cresce il numero di coloro che hanno da lamentarsene. Ma anche il loro lamento è inconsistente. 

Nell’introduzione a una raccolta postuma di E.A. Robinson, poeta che gli era congeniale, Robert Frost tracciò le differenze fra grievances, «lamentele», e griefs, «dolori»: «Le lamentele sono una forma di impazienza. I dolori sono una forma di pazienza. Può darsi che ci venga richiesto per legge di buttare via la pazienza così come in passato di consegnare l’oro; perché buttando via la pazienza e unendoci di volata agli impazienti nella cittadella del male, la speranza è che si possa porre fine al bisogno di pazienza. Non ci sarà più nulla per cui essere pazienti. Il giorno della perfezione poggerà su un’azione sociale unanime. Basteranno due o tre buone elezioni nazionali per arrivarci. Ci hanno anche pungolati a rinunciare al coraggio, a fare della viltà una virtù, e a vedere se così non finiranno le guerre e il bisogno di coraggio. Abbandonate la religione per la scienza, ripulite ogni angolo di quel che rimane dell’ignoto, e non ci sarà più bisogno di religione. (La religione è soltanto una consolazione per ciò che non sappiamo). Ma supponiamo che ci sia un qualche sbaglio; e che il male regga all’assedio, che le guerre non finiscano e che qualcosa rimanga inconoscibile. Essersi disarmati renderebbe la nostra situazione ancora peggiore di quanto fosse prima. Non c’è nulla nei più recenti consigli provenienti da Wall Street, dalla Società delle Nazioni o dal Vaticano che mi induca a rinunciare a quanto posseggo di dolore paziente».

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